Oggi, nella nostra casella di posta, è arrivata una bellissima testimonianza di una ragazza, Sara di 41 anni, affetta da spina bifida. In questa lettera, ci racconta come è stato per lei vivere con questo problema e cosa vuole dire tutt’ora averlo.
“I miei genitori si sposarono nel 1974, a settembre, avevano entrambi 21 anni, così giovani, così felici.
Tre anni dopo mia madre rimase incinta, finalmente il lieto evento, la gravidanza. In quegli anni l’ecografia non era usata quanto oggi, così, le supposizioni mi vedevano maschietto.
Nove mesi dopo nacqui io, la piccola Sara, pochissimi capelli biondi e un bel pancino rosa, ma… ho la coda. Nel piccolo ospedale dove sono nata 41 anni fa, non si conosceva bene la spina bifida, perciò, dopo 24 ore, vengo infagottata e consegnata a papà e zia che, in macchina, mi portano al regina margherita di Torino nel minor tempo possibile. Qui arriva l’ardua sentenza. Ad un giovane ed incredulo papà, che ha appena percorso 80 km con la figlia appena nata, vengono dette parole difficili da digerire:
– Sua figlia ha la spina bifida mielomeningocele, dobbiamo operarla subito –
Il quadro dipinto ha colori scuri: 6 mesi di vita, valvolina, idrocefalo, sedia a rotelle.
Tre giorni dopo aver visto la luce entrai per la prima volta in sala operatoria.
Il mio primo ricordo risale a quando avevo 3 anni, a Canelli. L’immagine è nitida nella mia mente: io con la vestaglietta blu che tengo in mano, o meglio, trascino toccando terra, la sacca dell’urina, e mamma, che mi tiene per mano, porta il trasportino delle flebo… poi la sala operatoria.
Io minuscola, intorno tutto verde. Fa freddo. Sopra di me ci sono così tante luci che devo chiudere gli occhi. Solo dopo capii che non li chiusi per la troppa luce, ma per l’anestesia..
Inizia così il via vai tra ospedali: Canale, Torino, Canelli, Torino, Genova, Magenta. Tutto con l’enorme sacrificio dei miei genitori, che intanto dovevano lavorare
Da Canale a Torino, da Torino a Canelli dove, a 3 anni, faccio le mie prime amicizie. Sono una bambina, per me tutto è un gioco anzi mi diverto, tanto sono sempre tutti con me. Li conosco il mio primo amichetto che, dopo forse dieci anni, rincontro fortuitamente. Si ricordava ancora di noi.
Da Canelli a Genova, dove mi tengono in cura per molti anni. Ormai eravamo affezionati. Per tre anni di fila entravo il 20 dicembre, intervento e natale a casa. I miei compagni di classe, mi avevano persino scritto una canzone sulle note di stessa spiaggia stesso mare. Ricordo ancora come iniziava: “Per quest’anno non cambiare la corsia dell’ospedale”.
La scuola andava, più o meno. I miei compagni andavano in piscina a fare il corso di nuoto e io rimanevo in classe; i miei compagni andavano in gita e io, i primi anni, rimanevo in classe.
Campi scuola? Mai visti.
Vacanze con le amiche? Mai viste.
Pigiama party con i compagni? Mai visti.
Intanto crescevo. Diventata una ragazzina, i problemi erano gli stessi: niente piscina, niente gite.
Poi in quinta elementare, iniziai a praticare sport, ginnastica ritmica per la precisione. Era tosta naturalmente, Ma è andata bene. Ho praticato questo sport per 10 anni, dove sono riuscita a togliermi molte soddisfazioni. Come spesso capita nello sport, qui ho conosciuto una ragazza speciale, che per me è come una sorella, sa tutto e mi vuole bene.
Poi alle superiori, scelsi il liceo artistico, con mia sorella ovviamente. Mamma e papà erano sempre apprensivi, ma mi lasciano andare di più, mi lasciavano provare.
Ormai sono 9 anni che convivo, lui conosce il mio problema e mi sta dietro, mi bacchetta se faccio qualcosa che non va e mi consola se faccio qualche pasticcio ma sapete, non è facile avere una fidanzata speciale .
Faccio parte degli sbandieratori della mia città, con loro ho girato il mondo e, da due anni, sono anche un clown, clownterapia, come volontariato. Ho avuto il piacere di ricevere il sorriso, e ora voglio essere io a darlo.
Quando mi sveglio, sulla mia schiena c’è una cicatrice di pochi centimetri, quella cresce con me da quando sono piccola, per ricordarmi che sono speciale. Insomma, sono nata con la coda io!
Sono molto fortunata, ma lo capisco solo oggi. Cammino, corro, convivo, ora sono normale…
… e ho un vita splendida!”
Questa, è la testimonianza che Sara ha voluto raccontarci e condividere. Un pezzo di vita speciale, una storia per farci ragionare, per farci pensare che forse, la vita, non è solo sofferenza, ma anche un ampio sorriso al destino.
Che bello sentire che dopo tanto travaglio e sofferenza il “fiore” è sbocciato e sorride agli altri, ridonando ciò che ha ricevuto 😍😍😍
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