Come un fulmine a ciel sereno, stamattina, è arrivata la notizia della morte del cosmologo più importante della sua generazione. Un uomo che è riuscito a riscrivere la cosmologia, un genio assoluto, un icona mondiale, ma, sopratutto, un esempio di vita. Naturalmente parliamo di Stephen Hawking, lo scienziato della teoria del tutto.
Famoso essenzialmente per la sua innovativa teoria dei buchi neri, Hawking non era uno scienziato normale, era stato costretto sin da giovane su una sedia a rotelle, con una diagnosi pesante come un macigno: SLA. In questo articolo non parleremo delle sue mirabolanti scoperte scientifiche, questo lavoro lo lasceremo fare a persone più competenti di me. Qui parleremo di quanto un uomo possa essere così incredibilmente forte, così straordinariamente utile alla società, pur avendo una malattia così invalidante.
I problemi iniziarono già all’età di 13 anni, quando fu colpito da una serie di febbri ghiandolari, che furono però viste dai medici come normali scompensi legati alla crescita. Col tempo sviluppa una genuina passione per la matematica, poi evoluta nell’iscrizione al corso di laurea in Fisica a soli 17 anni all’ University College. Laureatosi in 3 anni con il massimo dei voti, ne 1962 iniziò gli studi di Cosmologia all’università di Cambridge. Ma nel 1963, le sempre più grandi difficoltà nell’uso degli arti, che gli causavano cadute sempre più frequenti, lo spinsero a sottoporsi a degli accertamenti medici. A soli 21 anni, la stangata. Gli venne diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), in una forma a lenta progressione. Incomincia ad usare un bastone e, in breve tempo, è costretto sulla sedia a rotelle.
Per Stephen è una doccia fredda. Entra in depressione dopo la diagnosi, che ufficialmente gli dava solo 2 anni di vita. Nonostante tutto, continua gli studi in maniera ancora più famelica. Fortunatamente la malattia ebbe un percorso inusuale, rallentando sensibilmente e permettendogli i vivere una vita molto migliore delle aspettative. Così, tra i 23 e i 28 anni elabora alcune delle teorie più straordinarie sulla creazione dell’universo, puntando poi la sua curiosità sui buchi neri. In questo campo diventa il massimo esponente, scrivendo addirittura diversi best seller di divulgazione.
Nel 1985, una grave polmonite, gli fa perdere permanentemente le funzioni vocali, a causa di una tracheotomia. Ma, grazie al sua amico, l’ingegnere informatico David Mason, torna a parlare per mezzo di un computer con sintetizzatore vocale, collegato alla sedia a rotelle. Nonostante tutto questo, riesce ad avere la cattedra di matematica di Cambridge (per intenderci, una cattedra occupata in passato da Isaac Newton) per ben 30 anni, cioè dal 1973 al 2009.
Un uomo straordinario sicuramente per le sue doti intellettuali, ma anche e sopratutto per il suo abnorme coraggio, l’ottimismo e per la sua erculea forza di volontà. Molto spesso mi domando come ci possiamo lamentare noi, quando persone di questo tipo hanno cambiato il mondo con una malattia tanto invalidante. Lui aveva solo la mente da sfruttare, e guardate cosa ha fatto!
Chiudo con una sua frase, decisamente indicativa sul tipo di persona che era: “A parte la sfortuna di contrarre la mia grave malattia, sono stato fortunato sotto quasi ogni altro aspetto”.
Quando si dice “guardare le cose con la giusta prospettiva”…
La vita di quest’uomo che con il suo grave handicap sarebbe stato considerato dalla “moderna” concezione della vita, uno “scarto”, può farci riflettere seriamente sul significato della vita e della perfezione. Vita e perfezione non sono solo avere un bel fisico e godere di ottima salute! Vita è poter amare ed essere amati, godere di piccole e grandi conquiste nonostante le difficoltà, realizzarsi col corpo e la storia che ci sono stati donati. In una parola Vita è la capacità di Amare con tutto noi stessi…
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