“Di fronte a cento persone che gli dicono che è stato bravo, il bambino con poca autostima, crederà a quell’unica persona che gli ha detto che avrebbe potuto fare di più”.
Ho utilizzato questa frase perché mi sembra quella più semplice per far capire ai meno esperti il significato del concetto di autostima che nel bambino si sviluppa grazie agli stimoli esterni dati dalle persone che sono significative per lui: genitori, nonni ed insegnanti, attraverso il loro amore e la loro approvazione.
Susan Harter ha individuato cinque contesti utili a giudicare l’autovalutazione dei bambini:
- la competenza scolastica: quanto il bambino si considera competente a scuola,
- la competenza atletica: l’autovalutazione della sua competenza nelle attività sportive,
- l’accettazione sociale: l’autovalutazione della popolarità tra i pari,
- l’aspetto fisico: quanto il bambino si vede bello o brutto,
- la condotta comportamentale: quanto il bambino ritiene che il suo comportamento sia accettabile per gli altri.
La ricercatrice afferma che la nostra autostima rappresenta la discrepanza tra due valutazioni interne a noi stessi: il nostro sé ideale (quello che ci piacerebbe essere) e il nostro sé reale (ciò che pensiamo effettivamente di essere); quando c’è poca differenza tra i due sé, la discrepanza è bassa, e l’autostima è generalmente alta, quando invece, la discrepanza è alta, l’autostima diventa più bassa e quindi il bambino si considera incapace di “vivere all’altezza” dei suoi ideali o standard.
La maggior parte dei genitori dei bambini con DSA o difficoltà scolastiche che arrivano in studio mi dicono che il/la loro/a figlio/a ha una bassa autostima, ma qual è la relazione tra le due cose?
Iniziamo con il sostenere che l’autostima è un fattore di primaria importanza nella costruzione e nel mantenimento del benessere sociale ed emotivo dell’individuo.
Un/a bambino/a con un buon livello di autostima riuscirà più facilmente a sfruttare le sue potenzialità (a scuola e nelle relazioni sociali) rispetto ad un/a bambino/a che soffre di profondi sentimenti di scarso valore personale.
Riconosciamo un/a bambino/a con una bassa autostima attraverso questi segnali:
- da poco valore alle loro abilità;
- non da peso ai loro successi;
- non riesce a porsi degli obiettivi;
- non riesce a risolvere i problemi;
- si arrende facilmente;
- i risultati che ottiene sono più bassi delle loro reali capacità.
Quindi potremmo spiegare la relazione tra bassa autostima e apprendimento quando nonostante un bambino ottiene buoni risultati ma ha continuamente paura di fallire o quando si pone obiettivi molto elevati confermando a sé stesso di non essere bravo ogni volta che fallisce, oppure quando non vuole svolgere un compito partendo dal presupposto che “Tanto non ci riesco!”.
L’autostima dipende dalla presenza di un forte senso di valore personale che permette di affrontare sia fallimenti che i successi che avvengono all’interno del contesto scolastico.
Concludendo, una bassa autostima non permette al bambino di utilizzare al meglio tutti i suoi punti di forza e risorse nonostante le difficoltà reali che vive, quindi prima di potenziare queste abilità facciamo ritrovare al bambino la stima in sé e il resto verrà quasi in automatico.
Bibliografia
“La mia autostima” (Plummer D, Erickson)
“Psicologia dello sviluppo (Gillibrand, Lam, O’Donnell, Tallandini)