Torna la rubrica della dottoressa Martina Deidda questa volta alle prese con le emozioni.
Viviamo in una società frenetica, siamo immersi in tante attività e il tempo libero per noi stessi o per le attività piacevoli è sempre poco e in quel poco, a volte siamo connessi socialmente con gli altri (sopratutto attraverso internet). L’uomo è un animale sociale, è vero, eppure nonostante ciò, stiamo perdendo una delle capacità che sta alla base delle interazioni sociali: riuscire a mostrare e ad esprimere le nostre emozioni.
Questo, potrebbe anche essere determinato dal fatto che capire noi stessi e gli altri richiede tempo, attenzione e nessuna distrazione; quindi abbiamo imparato a mostrare solo quello che riteniamo necessario, un esempio molto semplice è la risposta che diamo quando ci chiedono come stiamo e cioè “Tutto bene!” quando invece avremmo un fiume in piena di emozioni da lasciar andare.
Il tema di oggi sono proprio le emozioni perché tutti noi le proviamo in modo più o meno intenso, durante la nostra quotidianità.
In psicologia, molti studiosi, concordano sul fatto che le emozioni sono delle risposte caratterizzate da una certa intensità e durata, questi parametri ci consentono di distinguere le emozioni dalle risposte riflesse o dagli stati dell’umore di più lunga durata.
Numerosi studi ci hanno permesso di capire la funzione delle emozioni: l’adattamento all’ambiente fisico e sociale e la realizzazione di sé nel rapporto con gli altri. Queste ovviamente hanno subito una evoluzione che ci ha permesso di far fronte a particolari situazioni vitali: la paura è collegata alla presenza di eventi pericolosi e minacciosi per la nostra integrità fisica o psicologica; la collera in reazione alla frustrazione di un obiettivo importante per l’individuo, ecc.
In psicologia, tra il 1994 e il 1997, prende piede il termine “intelligenza emotiva” che si è diffuso al di fuori dell’ambito scientifico ed accademico grazie a Goleman e il suo libro “Emotional Intelligence”.
Goleman la definisce come quella “capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente quanto nelle relazioni sociali”, quindi essa rappresenta la capacità di utilizzare le emozioni in maniera efficace e produttiva.
Per l’autore, la IE è un abilità complementare dell’intelligenza (Quoziente Intellettivo) che rappresenta l’indice generale delle abilità cognitive possedute dal soggetto; infatti l’intelligenza emotiva può essere acquisita e potenziata in qualsiasi fase della vita e sottolinea come essa tenda ad aumentare in proporzione alla consapevolezza degli stati d’animo, al contenimento delle emozioni che provocano sofferenza, al maggior affinamento dell’ascolto e della sensibilizzazione empatica. Goleman evidenzia come il QI e Intelligenza Emotiva non sono competenze da ritenersi opposte ma bensì solo separate, poiché tutti siamo dotati di abilità intellettuali ed emozionali e in ogni nostra azione, reazione, comportamento esse si fondono in un’unica totalità.
Le attuali ricerche in campo educativo, psicologico e, più in generale, in tutte le sfere correlate a questi settori dimostrano i benefici dei programmi di apprendimento socio-emozionale (Social Emotional Learning) per i giovani sia in età prescolare che adolescenziale.
Ulteriori studi dimostrano inoltre che l’Intelligenza Emotiva è fortemente correlata al completamento degli studi, al prevenire i comportamenti a rischio e al miglioramento della salute generale dei giovani.
A conferma di ciò un altro autore, Bar-On (1997, 2002) definisce l’Intelligenza Emotiva come “un insieme di competenze emotive e sociali che determinano le modalità con cui una persona si relaziona con se stesso e con gli altri e riesce a far fronte alle pressioni e alle richieste ambientali”. Nel suo modello l’Intelligenza Emotiva risulta un importante fattore nel determinare la capacità di avere successo nella vita e nell’influenzare complessivamente il benessere degli individui. Anche questo autore sottolinea come la IE possa essere incrementata mediante programmi di formazione.
E’ quindi importante ricordare che l’Intelligenza Emotiva è come un ingrediente basilare che, quando è ben sviluppato ed impiegato, ha un’influenza ad ampio raggio in termini di benefici per l’apprendimento, per le relazioni e per il benessere a tutti i livelli e per tutte le fasce di età.
Per leggere gli altri articoli di PicoLogicaMente clicca qui